Tratto da Il Nuovo Lomellino per gentile concessione di Nevina Andreta © Riproduzione riservata.
Il segreto di una buona annata sta tutto nel gruppo. Per costruire una squadra in grado di perseguire gli obiettivi fissati dalla società, servono due cose: i soldi o il fiuto. Nel primo caso, ti affidi ai nomi emergenti, e puoi anche sbagliare. Commettere errori non è escluso a priori neppure nell’altro caso, si ingaggiano giocatori sconosciuti, provenienti da campionati minori, in cerca di riscatto o di consacrazione, ci si affida alle cifre, ai filmati, alle referenze, ma, dietro ciascuna di queste ‘figurine’ c’è una persona, che può rivelarsi inadatta a interagire con i compagni, può, addirittura, rompere, o non far mai decollare, i necessari equilibri. L’anno scorso Mortara ha avuto tutte le intuizioni giuste e ha messo in piedi una ‘squadra’ nel vero senso della parola, un team ottimale e perfettamente amalgamato, in cui tutti, a fine stagione, si sono ritrovati migliorati e arricchiti dentro. Quindi sarebbe stato bello e naturale poter proseguire insieme, tant’è che tutti hanno dichiarato il loro amore incondizionato per la società Battaglia Mortara. Ma, alla fine, per i propri, più che legittimi, motivi, quasi tutti i giocatori si sono orientati verso scelte differenti.
A partire dal capitano Nicolò Cattaneo, che, a causa degli impegni lavorativi recentemente assunti, non riesce a garantire il numero di allenamenti necessario e sufficiente per una C Gold e si è accasato alla Phoenix Iria in C Silver. La guardia pavese, che proprio con la maglia gialloblù ha disputato le sue stagioni più smaglianti, ha dimostrato appieno la sua leadership proprio quest’anno: piegato da un lungo infortunio alla schiena, ha avuto paura, ha lottato con incredibile tenacia contro quella subdola vena di pessimismo che lo portava a pensare di non poter riemergere integro da questa prova, ha combattuto, ha lavorato su se stesso come un forsennato e, infine, è tornato in campo, per condurre i suoi a un finale di stagione di tutto rispetto. “Ormai è risaputo che ho deciso di andare a Voghera – spiega il capitano – e che la motivazione è legata al lavoro. Mortara per me è una famiglia, un posto dove davvero si può crescere come giocatore e come persona e vado veramente orgoglioso di essere stato capitano di questa squadra. Devo ringraziare tanto Alfonso e il presidente Paolo Riccio e tutta la società per aver sempre creduto in me, nonostante i miei problemi alla schiena. Mortara per me sarà sempre nel cuore”.
Kalvis Sprūde ha esordito da scommessa un po’ folle (alle spalle qualche campionato cadetto in giro per l’Europa e un curriculum ben strambo in Italia, una Promo e una D valdostana), ha disputato un grandissimo campionato, finendo spesso in doppia doppia, ha chiuso con cifre ragguardevoli, che non hanno mancato di attirare l’attenzione degli addetti ai lavori, e ora, dalla visuale privilegiata garantitagli da questa vetrina, si guarda intorno. “Sinceramente ancora non lo so se vado o resto – è diplomatico, il lungo lettone, e non chiude del tutto la porta – adesso sto valutando le altre offerte, però la possibilità che io resti a Mortara c’è. Guardandomi indietro, sono contento di avere scelto Mortara. E’ stata un’ esperienza bella. Mi è piaciuta molto l’atmosfera, i ragazzi, gli allenatori, i dirigenti e il presidente. Avrei voluto anche fare meglio dal punto di vista sportivo, perché la mia mentalità mi porta a cercare sempre di vincere i campionati, però abbiamo fatto tutt’altro che male e, secondo me, la squadra mancava solo un po’ di esperienza e fiducia nei momenti decisivi per proseguire nei playoff…” Nonostante le dichiarazioni, è facile intuire che Kalvis, uno che “usa” la pallacanestro per sondare nuovi mondi e approcciare realtà sempre diverse, vada in cerca di un nuovo angolo, forse della stessa Italia, da scoprire. “La curiosità di capire e crescere come essere umano è sempre stata la mia spinta e motivazione – ammette – chiudo ringraziando molto Alfonso e il presidente Paolo Riccio, perché loro due mi hanno ‘trovato’, mi hanno dato un’importante opportunità e dimostrato di avere fiducia in me, quando forse per altri sarebbe stato ben strano comportarsi così”.
Anche Leon Dronjak, propulsore della manovra mortarese, serissimo professionista e persona con cui, a dispetto della barriera linguistica (parla un inglese fluente, ma spiccica solo poche parole di italiano), è stato facilissimo intendersi, a fine stagione, ha dato mandato al suo agente di trovargli un ingaggio, nel campionato cadetto di qualche paese europeo. “E’ vero – spiega il play sloveno – dopo questa stagione ho sentito l’impulso di cercare di giocare a un livello superiore. Ma quella di quest’anno è stata una gran bella esperienza. Incontrare il presidente Paolo Riccio e lo staff di Mortara è stata una cosa davvero buona. Lavorare con coach Alfonso e l’assistant coach Gerry, una cosa altrettanto buona. Ho imparato un sacco e i miei compagni sono semplicemente grandi. Sono lieto che Mortara mi abbia dato l’opportunità di giocare per i suoi colori, e spero che loro siano altrettanto soddisfatti di avere condiviso questa stagione con me. Auguro al club e a tutta la sua gente le migliori fortune per il futuro e… chissà, non è detto che non ci si possa incontrare ancora”.
Ce n’è un altro che a Mortara è cresciuto parecchio, sotto tutti i profili, anche se all’inizio non è stato facile, per lui, combattere, partita dopo partita, con l’ossessione delposto ‘fisso’ in quintetto. Quando, poi, ha capito che poteva essere più appagante entrare ed essere determinante a gara in corso, che avere buone percentuali nel tiro da tre non è tutto nella vita e che, per un’ala forte, è più indicativo un cospicuo bottino di rimbalzi, il sentiero impervio da salire si è trasformato in una strada in discesa. “A malincuore cambio squadra – racconta con un filo di magone Luca Rinaldi, in partenza per l’ambizioso progetto di Lumezzane, chiamato alla corte di coach Crotti, grazie alla ribalta ricavata dopo un anno intensivo alla “scuola” di Alfonso Zanellati ed Enrico Gerosa – perché mi è stato proposto un progetto che mi è sembrato interessante per la mia crescita cestistica. Dico a malincuore, perché quando decidi di giocare a basket e di farne un lavoro, sai che devi compiere delle scelte e queste scelte ti portano anche a cambiare città e squadra. È stato un anno che mi ha dato, o, meglio, ci ha dato molto a livello umano e anche cestistico. Vorrei ringraziare i miei compagni di squadra, perché sono stati come una seconda famiglia per me e mi hanno dato tanto.. . ringrazio anche Alfonso e Gerry che hanno fatto di tutto per migliorarmi e ringrazio anche la società che mi ha trattato davvero bene. Per ultimi ,ma non meno importanti, vorrei ringraziare anche i tifosi che, nonostante non fossero in grande quantità, sono riusciti a scaldarci i cuori sostenendoci ad ogni partita senza mai mancare. Un grande vi voglio bene a tutta la famiglia Basket Team Battaglia!”
Ad arrivare per ultimo, l’anno scorso, è stato Marco Di Gennaro, ingaggiato a stagione inoltrata per sopperire alla lunga assenza del capitano, messo k.o. dal mal di schiena. Anche nel suo caso si è trattato di una scommessa ad elevatissimo tasso di rischio, perché la guardia proveniente dal Lazio era ancora alle prese con gli strascichi lasciati da un intervento chirurgico. Si è ambientato sorprendentemente bene e, oltre a dimostrare di avere un’ottima educazione, un cervello e una notevole capacità relazionale, ha lasciato intuire scampoli di autentica classe, motivo per cui, a fine stagione, gli era stato proposto il rinnovo, ma anche lui non ha negato di volersi guardare intorno, per ritagliarsi un posto nella categoria superiore. “Ritengo naturale, così come fa ogni giocatore, ambire a livelli più alti – ammette Marco – nonostante ciò, non ho mai detto addio alla BT Mortara. La mia esperienza mortarese è stata senz’altro positiva, sia dal punto di vista di gioco che umano. A livello di squadra, abbiamo ampiamente raggiunto gli obiettivi stagionali. Personalmente, invece, potevo e dovevo essere sicuramente più continuo nelle prestazioni, ma mi ritengo abbastanza soddisfatto, perché il risultato personale è stato sicuramente migliore rispetto a quello della stagione precedente, appena reduce da un’operazione che mi aveva costretto ad un fermo di un intero anno. Per quanto riguarda l’aspetto umano, sono stato circondato da persone fantastiche, sia in società che in squadra. Sotto l’aspetto pratico, ho ricevuto ogni sostegno e non mi è mancato nulla ed è una gran cosa trovare tutto questo in una società di serie C. Sotto l’aspetto tecnico, mi sono trovato veramente bene con tutti, Alfonso e Gerry sono bravi e seri professionisti, sempre disponibili a tutte le ore del giorno per farci allenare quando lo volevamo. Dei miei compagni non ho che bellissimi ricordi: mi hanno accolto come ‘uno di loro’ fin da subito anche se sono arrivato a stagione in corso. Siamo stati un gruppo bello ed affiatato ed è anche per questo che abbiamo fatto un bel campionato”.